DISTURBI ALIMENTARI

DISTURBI ALIMENTARI

Come Riconoscerli

I disturbi alimentari sono definiti dal DSM V (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) Disturbi della nutrizione e della alimentazione. 

Vengono distinti in sei categorie diagnostiche principali:

- ANORESSIA NERVOSA

- Bulimia Nervosa,

- Disturbo da alimentazione incontrollata 

- Pica

- Mericismo

- Disturbo alimentare evitante/restrittivo

Essi sono il risultato dell’interazione di fattori predisponenti (genetici, psicologici) fattori precipitanti (disagi psicologici, diete) fattori di mantenimento (rinforzo da parte dell’ambiente esterno).

Tali disturbi rappresentano una grave e crescente condizione clinica, con elevato tasso di mortalità, a prevalente incidenza femminile soprattutto in età infantile ed adolescenziale.

Condividono il medesimo nucleo psicopatologico: un’eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione.

I soggetti in questione sentono di non essere capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e gli eventi in generale.

Per ottenere la percezione del controllo e raggiungere un certo grado di prevedibilità sono disposti a confinare le loro vite entro un’esperienza ridotta, circoscritta all’alimentazione e alle dimensioni corporee. Tuttavia, sebbene la gestione dell’alimentazione e delle dimensioni corporee offra in un primo momento l’idea attraente di una qualche possibilità di controllo, alla fine li condanna a un’esistenza limitata, isolata e non sana.

 

ANORESSIA NERVOSA

La diagnosi di anoressia nervosa richiede siano presenti i seguenti criteri diagnostici:

  • restrizione nell’assunzione calorica rispetto al fabbisogno, tale da condurre a un peso corporeo significativamente basso ( sotto l’85% del peso previsto) in rapporto all’età, al sesso, alla traiettoria evolutiva e alla salute fisica; 
  • intensa paura di ingrassare o persistere in comportamenti che interferiscano con l’aumento del peso, anche quando questo è significativamente basso; 
  • alterazione della rappresentazione mentale del proprio corpo e influenza indebita della stessa sulla valutazione di sé.

Si distinguono due forme di anoressia nervosa: l’anoressia restrittiva, in cui il dimagrimento è causato dal digiuno e dall’intensa attività fisica, e l’anoressia con bulimia, in cui la persona mette in atto comportamenti che insieme al digiuno servono a diminuire il peso corporeo (abuso di lassativi e/o diuretici, vomito).

Il rifiuto di mangiare nasce dal timore di ingrassare e induce una serie di comportamenti tipici quali: seguire una dieta rigida, fare esercizio fisico intenso, indursi il vomito dopo aver mangiato.
 

La perdita di peso viene considerata come segno di forza e autodisciplina, mentre l’incremento ponderale viene esperito come un’inaccettabile perdita di controllo.


Contiamo molteplici metodiche per monitorare dimensioni e peso corporei, tra cui pesarsi, specchiarsi, pizzicarsi la pelle, misurarsi con il metro o le mani. I livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo.

Molti segni e sintomi dell’Anoressia Nervosa sono connessi alla denutrizione. L’assenza di mestruazioni (amenorrea), sensibilità al freddo, stipsi, dolori addominali, problemi cardiaci, letargia o eccesso di energia. Nonostante ciò, il soggetto tende a non riconoscere la problematicità della sua condizione e non cerca e non vuole aiuto.

BULIMIA NERVOSA

Per la diagnosi di bulimia nervosa occorrono i seguenti criteri:


  • ricorrenti abbuffate (mangiare, in un periodo circoscritto di tempo, es. 2 ore, una quantità di cibo maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo in circostanze simili. A questo si unisce la sensazione di mancanza di controllo sull’atto dell’alimentarsi);
  • ricorrenti comportamenti impropri di compenso diretti a prevenire aumenti di peso, come vomito autoindotto; abuso/uso improprio di lassativi e/o diuretici; digiuni; esercizio fisico eccessivo;
  • le abbuffate compulsive e i comportamenti impropri di compenso si verificano in media almeno una volta a settimana per almeno tre mesi;
  • la valutazione di sé è indebitamente influenzata dalle forme e dal peso del corpo.

Tale condizione è più difficile da identificare nell’immediato, poiché i soggetti bulimici generalmente hanno un peso normale dovuto all’assimilazione parziale del cibo introdotto prima del compenso. 

Le abbuffate sono vissute con vergogna, spesso avvengono in solitaria e possono essere innescate da stress, emozioni di vuoto o noia, o determinate da eccessiva riduzione del regime alimentare.

In tal caso, si innesca un circolo vizioso che tende ad autoperpetrarsi: preoccupazione per il peso, dieta ferrea, abbuffate e condotte di compenso.

La dieta ferrea aumenta la probabilità delle abbuffate; queste aumentano la probabilità del vomito o di altre condotte eliminatorie e così via. In aggiunta, diete e perdita di peso possono provocare sensazioni negative come depressione, ansia, irritabilità, inadeguatezza, preoccupazione per il cibo, scarsa concentrazione, isolamento sociale e spinta ad abbuffarsi.

La bulimia è un disturbo grave, vomito ripetuto e abuso di lassativi o diuretici inducono scompensi dell’equilibrio elettrolitico, soprattutto riducono i livelli ematici di potassio, con serie ripercussioni a livello cardiaco, renale, cerebrale.


DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA

La diagnosi di tale disturbo, noto anche con il nome di Binge Eating Disorder, richiede:


  • episodi ricorrenti di abbuffate compulsive;
  • gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi: mangiare molto più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni, mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati, mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando, sentirsi disgustati verso se stessi, depressi, o molto in colpa dopo le abbuffate;
  • è presente un disagio marcato rispetto al mangiare senza controllo;
  • il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, in media, almeno una volta a settimana per tre mesi consecutivi;
  • l’alimentazione incontrollata non è strettamente associata all’utilizzazione di comportamenti compensatori inappropriati.

In questo disturbo l'abbuffata ha un maggiore significato edonico, di piacere, la quantità di cibo sarebbe ansiolitica e la qualità consolatoria. Il cibo viene vissuto come un alleato scomodo, capace di gratificare e consolare, ma che lascia dietro di sé colpa e disgusto. Vi è inoltre minore interesse mostrato nei confronti del peso e della forma del corpo, infatti in gran parte dei casi tale quadro clinico si associa ad obesità. L’assenza di controllo del peso sbilancia questo disturbo tutto sul versante dell’impulsività alimentare, rendendolo in qualche modo diverso dagli altri disturbi alimentari. Gli episodi di abbuffata sono tendenzialmente innescati da alti livelli di emozioni negative e hanno la funzione di mitigarne gli effetti.

TRATTAMENTO

Come trattare il disturbo

Le principali distorsioni cognitive sottostanti il disturbo alimentare e dunque obiettivi più importanti del trattamento psicologico, sono la bassa autostima e il perfezionismo patologico.  


Lo scopo del lavoro cognitivo-comportamentale è diminuire sia il timore pervasivo dell’insuccesso da parte della persona, sia il focus sulla performance, e ridurre l’auto-criticismo che deriva dalla percezione negativa della prestazione. Inoltre, altra componente centrale è il lavoro sui temi di controllo.

La necessità dei soggetti con disturbi alimentari è percepire il controllo sulla propria vita che spostano sul controllo del cibo, del peso, e sulla forma del corpo, pena una pervasiva percezione di controllo insufficiente. 


Per il binge eating disorder diventa indispensabile una psicoterapia ad orientamento cognitivo comportamentale o un percorso di educazione terapeutica per affrontare il delicato tema delle emozioni che questi pazienti in genere non riescono a gestire.